Credo che la storia di Isaia sia degna di essere raccontata. Non capita spesso infatti che un uomo si trovi a strisciare sull’asfalto, nudo, ricoperto di sangue, con entrambe le gambe messe fuori uso per lo scontro con un cofano prima, e da un paio di colpi di pistola poi. Senza considerare che ha una testa di bambola infilata nel retto, gli manca un dito della mano destra e le sopracciglia sono malamente bruciacchiate. In realtà, ho la personalissima e ferrea convinzione che tutte le storie siano degne di essere raccontate, perché in tutte è possibile ritrovare un elemento nuovo, emozionante e bizzarro al punto giusto. Mio nonno per esempio: era un signore distinto, alto, dinoccolato e con uno sguardo gentile. Nel suo aspetto e nel suo carattere non poteva essere trovato alcun elemento sufficientemente interessante da catturare l’attenzione dell’osservatore. Era una di quelle persone per le quali la memoria fallisce pigramente a volerne mettere a fuoco la faccia, anche dopo una lunga conversazione, lasciando solo il vago ricordo di una silhouette indefinita e di una voce pacata. Ha fatto il capotreno tutta la vita ed è scomparso in fretta, senza tramandare debiti o tumulti emotivi. Solo dopo molti anni abbiamo scoperto che era un profondo conoscitore di etologia, soprattutto quando questa riguardava le abitudini riproduttive interspecie (e per interspecie si intende lui con le altre specie). Lo abbiamo scoperto solo perché la sua passione per i quadrupedi si accompagnava all’altrettanto radicato trasporto per la fotografia del suo vecchio amico di infanzia, che ha pensato bene di farci recapitare a casa, dopo la morte, tre cartoni di negativi raffiguranti il buon vecchio nonno durante i più complicati ed etologicamente raccapriccianti (ma non solo etologicamente) suoi intercorsi sessuali con i membri delle più svariate famiglie animali. C’è inoltre da tenere conto che il nostro Isaia si presenta con caratteristiche molto più interessanti e accattivanti di mio nonno, e di conseguenza raccontarne la vicenda diventa un dovere morale.
Tralasciando la miriade di eventi maggiori e minori che susseguendosi incessantemente hanno portato il povero Isaia nella condizione di cui sopra, l’elemento di estrema rilevanza per la nostra vicenda è innanzitutto la straordinaria casualità dell’evento, che fu infatti accolto dal Nostro con il più sincero stupore.
La storia di Isaia, e il motivo per cui si trovava nella stanza 35 del Lux Motel in una sperduta cittadina del nord America, era stata fino a quel momento estremamente piatta e tristemente prevedibile, tanto che viene quasi da pensare che la piega presa dagli eventi in quella mattina di agosto, sia dovuta essenzialmente a qualche forza misteriosa dell’universo volta a equilibrare la quantità di stramberie ed eccezionalità che possono capitare a una persona nel corso della vita. Per questo, dopo una vita di pallida esistenza sulla terra, Isaia ha forse attirato su di sé quanto di più imprevedibile poteva accadere.
Ma andiamo con ordine. Per capire come uno dei tanti viaggi di lavoro si sia trasformato nell’accumulo di tali sventure, bisogna partire dall’inizio e, procedendo in ordine cronologico Isaia è stato innanzitutto spogliato. Questa azione è stata compiuta con il suo consenso dalle esperte mani della signorina Lory (il cui cognome non è pervenuto), una spogliarellista che aveva concesso la grazia delle sue attenzioni al timido Isaia, non avvezzo a frequentare locali notturni ma determinato quella sera a placare una voglia che lo teneva sveglio ormai da giorni. La voglia è rimasta però purtroppo frustrata, dato che, poco dopo aver assunto il tonico per l’erezione ed essersi fatto legare alle sponde che sorreggevano un ballonzolante materasso ad acqua, ma soprattutto poco prima che la signorina Lory riuscisse a salire in sella per cavalcare il nostro Isaia sul membro chimicamente turgido, era piombato in stanza il benamato coniuge della signorina (ma a questo punto signora) Lory. Che il marito della signora Lory avesse sviluppato una forma di patologica gelosia nei confronti della moglie è di certo comprensibile, e probabilmente è collegato alla mansione della di lui coniuge, ed è anche comprensibile come questi volesse rifarsi sul povero Isaia utilizzando tutte le tecniche imparate in una faticosa vita calcata sui più criminosi palcoscenici di strada. Possiamo così aggiungere al repertorio di acciacchi del malandato Isaia la mancanza del dito, troncato con un paio di cesoie dal marito geloso, come primo gesto nel complicato rituale di torture che stava per mettere in atto. Sarebbe di sicuro andato oltre a infliggere a un urlante Isaia altre spiacevoli menomazioni, ma il suo progetto chirurgico fu interrotto da una leggera nuvola di fumo che iniziò ad alzarsi dal lenzuolo dove poco prima una sigaretta era andata distrattamente a cadere, sputata in un impeto di urlanti turpiloqui. Il fumo si trasformò rapidamente in fuoco, alimentato dalla fibra sintetica dell’arredo intriso di anni di polve e deodoranti chimici, così che i tentativi del marito della signora Lory di estinguere le fiamme con i vestiti di Isaia portarono le lingue di fuoco ad alzarsi ancora più vivacemente. Rimasto con i cenci bruciacchiati in mano e strattonato dalla moglie, l’uomo decise di lasciar perdere la sua vana lotta contro le fiamme, e voltandosi verso la sua vittima prima di scappare dal motel, valutò che la sua vendetta poteva essere consumata altrettanto bene con la carbonizzazione della vittima che, nel frattempo, urlante e agitato, si dimenava con tutte le sue forze nel tentativo di slegarsi dal letto. La salvezza del nostro sventurato protagonista venne dallo stesso materasso da cui stava cercando di scappare. La plastica infatti, fondendosi per il calore, rilasciò sul piccolo uomo nudo tutto il suo contenuto di liquido verdastro e limaccioso, proteggendolo dalle fiamme e cambiando all’improvviso le tensioni e i pesi della struttura del letto, che si smontò, permettendo a Isaia di scappare a gambe levate prima che la stanza fosse completamente avvolta dalle lingue di fuoco. Isaia non si fermò a osservare l’incendio che si estendeva al resto della costruzione ma si mise a correre il più velocemente possibile, pervaso da un terrore ancestrale che pompava sangue ai muscoli, restringeva il campo visivo e lo rendeva totalmente insensibile al dolore della mano amputata, oltre che disinteressato alla sua nudità così inopportunamente eretta.
Siamo quindi arrivati alle sopracciglia bruciacchiate descritte all’inizio della nostra storia. Da queste si passa alla testa di bambola nel retto, e la successione degli eventi che portò questo oggetto a ritrovarsi in un luogo così inopportuno è strettamente collegata in termini temporali, ma anche causali, al successivo impatto contro il cofano della macchina e alle ferite di arma da fuoco, tanto che questi fatti si concatenarono in un unico e fluido susseguirsi di gesti e azioni.

© Emanuele Simonelli

Quando Isaia ebbe messo un buon paio di chilometri tra lui e il motel, ma soprattutto tra lui e il marito della signora Lory, si fermò in preda agli spasmi muscolari e a corto di fiato in un quartiere a lui poco conosciuto. Appena ripreso il giusto livello di ossigenazione cerebrale, il Nostro, prima ancora di preoccuparsi della menomazione alla mano, divenne immediatamente consapevole della sua nudità e come a suo tempo i nostri mitologici predecessori furono spinti a coprirsi con le proverbiali foglie di fico, anche Isaia decise che fosse il caso di porre rimedio alla sua vergognosa condizione; così, vedendo una casa poco lontana decise di entrarvici furtivamente allo scopo di prendere a prestito qualche vestito. Maldestramente scalando fino alla finestra del primo piano, intralciato perlopiù dall’assenza del dito mozzato, Isaia franò dentro una stanza e, appoggiato male un piede, scivolò sul pavimento. Tale incidente di percorso, non sarebbe stato di grande rilevanza se in corrispondenza del punto in cui si andò ad appoggiare le natiche non ci fosse stata la collezione di bambole della figlia del signor Scanna. Il sudore funse da lubrificante e il busto della bambola scomparve nelle profondità delle interiora dello sfortunato protagonista. L’urlo che a questo punto Isaia lanciò per l’inavvertita deglutizione intestinale del giocattolo fu un altro elemento che si rivelò avere spiacevoli conseguenze: la bimba proprietaria della bambola si svegliò di colpo, iniziando a emettere urla acute in richiamo del padre. Quando questi entrò nella stanza, all’accensione della luce si trovò di fronte a una scena che sarebbe stata poco gradita da chiunque, men che meno dal signor Scanna, anche detto Il Macellaio per la sua scarsa capacità di gestione della rabbia in situazioni di conflitto. La scena in questione rappresentava Isaia, nudo e con il pene eretto che troneggiante sulla piccola bambina, implorandola di fare silenzio, mentre brandiva nell’agitazione un corpo di bambola privo di testa. Dando libero sfogo, quindi, a ogni suo più ancestrale istinto, il signor Scanna si lanciò sul nostro protagonista che, tuttavia, come a indicare che la recente successione di cattive fortune cominciavano a temprarlo rendendolo più reattivo alle avversità, riuscì a scansarsi all’ultimo, evitando di essere caricato dal padre furioso. Così, il nostro, seguendo ormai un codice motorio riemerso dalle profondità del suo cervello animale, sgusciò rapido fuori dalla finestra.
La corsa riprese esattamente come pochi minuti prima e se qualcuno avesse perso gli avvenimenti della sua incursione in quella sfortunata casa della famiglia Scanna avrebbe detto che nulla era cambiato da quando scappava dal motel e dal marito della signora Lory. L’unica differenza che un eventuale osservatore avrebbe notato sarebbe stata la presenza di un nuovo e arrabbiatissimo uomo in pigiama che lo rincorreva, apparendo e scomparendo lungo quella strada malamente illuminata dalla luce intermittente dei lampioni. L’uomo in pigiama, pur pesante e non invaso dal terrore che alimentava la fuga del nudo Isaia, aveva a suo vantaggio l’uso di una pistola con la quale scaricava colpi regolari diretti verso l’uomo in fuga davanti a sé. Questo particolare portava istintivamente Isaia a correre a zig zag per rendere più difficile la mira del suo inseguitore, ma portò anche l’auto, che passava ignara in quel momento sulla stessa strada, a colpirlo in pieno, scaraventandolo oltre il guard-rail a precipitare nella carreggiata sottostante il cavalcavia su cui si trovavano in quel momento. Ormai in completo stato di shock, Isaia provò a continuare la fuga trascinandosi inerme sulle braccia, ma fu presto raggiunto dal signor Scanna che dall’alto ebbe tutto il tempo di prendere accuratamente la mia e colpire il povero uomo.
E così si conclude il cerchio, tornando al punto da cui siamo partiti quando incontrammo Isaia all’inizio della nostra storia mentre strisciava sull’asfalto, nudo, ricoperto di sangue, con entrambe le gambe messe fuori uso dallo scontro con un cofano prima, e da un paio di colpi di pistola poi, con una testa di bambola nel retto, un dito mozzato e le sopracciglia malamente bruciacchiate.


Giacomo Galli è nato a Modena nel 1988. Attualmente vive a Milano, e dal 2019 esercita la professione di psichiatra. Da alcuni anni pubblica i suoi racconti sul sito www.plopstories.com e su Instagram (@PlopStories), piattaforma sulla quale condivide anche illustrazioni e disegni. Vorrebbe definirsi attivista per i diritti delle popolazioni storicamente marginalizzate, le donne e chiunque sia vittima di discriminazione, ma sente che per farlo dovrebbe essere molto più incisivo. Nel 2018 il suo racconto breve Blu Barry è stato incluso nell’antologia Blu della Clown Bianco Edizioni.