Marino è un bambino tranquillo ed educato, frequenta la terza elementare e indossa sempre il golfino blu che gli ha ricamato sua mamma. A scuola si comporta bene, i suoi voti sono nella media e non si distingue per alcun eccesso, positivo o negativo che sia. Insomma un bambino sostanzialmente dimenticabile, se non fosse per la sua unica evidente peculiarità: le contenute dimensioni. È infatti il più piccolo e gracile della classe, e di parecchio. A Marino, cultore della normalità e di tutto ciò che è regolare, non fa certo piacere essere riconosciuto per un suo connotato atipico, ma purtroppo per lui è proprio questo a caratterizzarlo. Lui è quello piccolo. Esiste una dimensione giusta, normale, e non è la sua.
Sebbene la statura svolga un ruolo centrale nella sua storia, ciò che a noi interessa tenere a mente è un altro aspetto di Marino, non visibile dall’esterno, ovvero la paura dell’acqua. A differenza dei compagni che vanno quasi tutti in piscina, lui non ha mai imparato a nuotare.
Per il resto, la sua vita prosegue come la sua condotta scolastica: priva di sorprese. Scuola, compiti a casa, sport due giorni a settimana, pizza il sabato sera, domenica a pranzo dai nonni e poi si ricomincia. Se la vita di Marino fosse tanto facile quanto prevedibile, le cose gli andrebbero alla grande, ma ahimè non è così.

Giasone, il più grosso della classe, se la prende spesso con lui che è il più indifeso tra i compagni.
«Ritornami il mio merendino!» lo minaccia spingendolo contro il muro.
«Ma è il pane e marmellata che mi ha preparato mamma» prova a spiegare Marino.
Scuri e profondi sono i lividi che le nocche di Giasone lasciano sul suo esile collo in queste occasioni, mentre le maestre sorridono intenerite.
«Che carini, Giasone e Marino giocano al bullo e il secchione.»
Oggigiorno gli stereotipi vengono subito riconosciuti come tali e pertanto guardati con sufficienza. Alcuni di questi sono stati ormai talmente esasperati nei film e nei notiziari da risultare poco credibili nella vita reale. Perciò, nonostante l’impegno, un bambino prepotente che ne picchia uno indifeso non riesce più a fare notizia né a destare interesse, ma solo ad apparire scontato.
In classe la ricreazione prosegue senza intoppi, mentre Giasone e Marino giocano agli stereotipi.

A volte, quando nessuno lo vede, Marino si appende con le mani ai muretti o ai davanzali delle finestre, per far sì che la gravità pian piano allunghi il suo corpo e lo renda più alto. Proprio non vede l’ora di crescere. Non che voglia diventare più grande degli altri, per carità, ma solo di dimensioni normali. Marino infatti è contro ogni estremismo perché crede che chiunque esageri da una parte costringa a esagerare anche chi si trova dal lato opposto. L’ideale per lui sarebbe che tutti si incontrassero a metà strada, nella misura giusta.
Fuori scuola la mamma di Marino viene a prenderlo con la sua Panda celeste e puntualmente si trova bloccata dal SUV rosso fuoco della mamma di Giasone, che parcheggia sempre dietro di lei.
A parziale discolpa della desensibilizzazione va detto che certi stereotipi si manifestano in maniera davvero troppo banale e spudorata per essere presi sul serio.
A Marino non piacciono i SUV. La mamma di Giasone sostiene che siano più sicuri delle altre macchine, ma lui sa che un SUV diventa a sua volta poco sicuro se messo di fronte a un carro armato. Quella della corsa alle macchine sempre più grandi gli sembra una silenziosa guerra fredda dove i più poveri soccombono negli incidenti contro i più ricchi. Ci vede un po’ la sintesi di tutte le guerre che conosce: due avversari si scontrano per decidere chi ha ragione; quello con le armi più potenti, ovvero quello con più soldi, vince; ne consegue che chi ha più soldi ha anche più ragione. La mamma con la macchina più grande ha più ragione. Ma anche quella con la macchina più piccola, perché la guerra fredda si combatte specularmente in entrambe le direzioni. Capita a volte che una singola mamma sia in grado di desiderare una macchina enorme e sicura e allo stesso tempo minuscola e facile da parcheggiare, il che per Marino non ha senso.
No, lui preferisce le macchine di dimensioni normali come la Panda di sua mamma e gli piacerebbe che fossero tutte così. Lo ha anche scritto in un tema a piacere ma la maestra di Italiano gli ha dato a malapena la sufficienza. È una tipa eccentrica la maestra, si veste sempre di mille colori, forse perché si è un po’ scocciata della normalità. Infatti dopo aver letto il tema ha consigliato a Marino di stare attento a ciò che desidera: a lungo andare rischia di annegarci nella sua amata normalità. Gli ha detto anche che il mondo è bello perché è vario, che è giusto che esista ogni genere di estremo e che gli estremi opposti si contrastano a vicenda, così la somma delle forze rimane al centro. È una questione di equilibri di potere, la normalità è soggettiva e si sposta di continuo in base a chi tira di più. O spinge, a seconda dei gusti.
Comodo nel suo letto, Marino guarda il cielo stellato fuori dalla finestra. Ha capito il discorso della maestra, ma preferisce comunque la normalità delle singole parti a quella della loro somma, anche a costo di rendere il mondo meno vario. Almeno nella banalità c’è la pace, non la guerra.
Una stella cadente attraversa il cielo in un istante, interrompendo i suoi pensieri. Ora, Marino non crede all’astrologia o alle superstizioni, ma decide che in fondo provare non gli costa nulla. Esprime un desiderio: “Vorrei diventare… no, vorrei che ogni cosa al mondo diventasse di dimensioni normali”. Poi si addormenta e fa sogni d’oro.

Il mattino seguente, con indosso il solito golfino blu, Marino aspetta il pulmino della scuola davanti casa. È tra i primi bambini a salire a bordo, quindi può scegliersi il posto che preferisce. Si siede da solo nell’ultima fila, tenendo lo zaino in braccio per non occupare il sedile a fianco. Spera sempre che qualcuno possa sedersi vicino a lui e non vuole in alcun modo ostacolarlo. Ogni volta che sale un bambino, Marino si toglie momentaneamente le cuffie per mostrarsi aperto al dialogo. Lo fa anche quando sale Giasone, tre fermate più avanti, ma l’ingombrante compagno di classe si siede in prima fila e si gira verso di lui solo per adocchiare il suo zaino. Chissà quale gustosa merenda contiene stavolta.
Marino osserva il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, sempre lo stesso. Pensa alla stella cadente e si rimprovera; ma dovrebbe saperlo che è inutile e sbagliato delegare la soluzione dei propri problemi a forze superiori. Pensa che forse, in fondo, ha ragione la maestra, forse anche la normalità che lui sogna è un estremismo. Chissà se anche Giasone è costretto dalla sua stazza ad assecondare l’estremo che rappresenta per contribuire a mantenere l’equilibrio dei poteri nel mondo. E proprio mentre Marino mette in discussione tutto ciò in cui crede, il desiderio espresso quella notte si avvera senza preavviso.
Marino diventa Maro. Giasone diventa Giaso. Gli zaini sono zai. Il pulmino è un pulmo. Le macchine sono macche. Ogni cosa è ora di dimensioni normali.
Urlando in cerca di aiuto, il bambo annega nel suo golfo blu perché non sa nuotare.


Emanuele Lucci (1986) viene dal mondo della sceneggiatura e del video nel senso più ampio del termine. Così dice, ma in realtà viene da Frascati. Ha scritto e realizzato corti, documentari, videoclip e tutte le altre varie ed eventuali. Poi però si è stufato e ha deciso di mettersi a scrivere per scrivere, quindi, purtroppo per voi, eccolo qua.