Bello il Pigneto era bello. Come quartierino ci ha le qualità. Di quelli che sei a Roma, ma pare di non essere a Roma, come fosse un paesino a parte. Però poi col tram in venti minuti sei in centro, per dire. La casa che avevo trovato era proprio in pieno Pigneto, una viuzza alberata vicino all’area pedonale dove stavano tutti i localini, gli aperitivi, la gente. Mi piaceva, ci stavo bene. Uscivo di casa e trovavo qualsiasi cosa mi servisse, mi piaceva che qualsiasi cosa mi dovesse servire la trovavo. Non mi serviva mai niente, uscire uscivo poco, ma mi piaceva, era una comodità scendere sotto casa e sotto casa poter trovare la droga. Drogare non mi drogavo, non mi drogo tuttora, ma se mi fossi drogato, ammettiamolo, era una comodità.
Maria abitava lì vicino, ci arrivavo a piedi, venti minuti. Lei non era proprio al Pigneto, era immediatamente dopo, ma ci teneva, diceva a tutti di essere al Pigneto. Io un po’ ero orgoglioso di essere più al Pigneto di lei, un orgoglio che non lo lasciavo trasparire e che te ne accorgevi solo da dettagli minimi, da inezie, tipo che quando ci chiedevano in che zona di Roma ci eravamo trasferiti, rispondevo che io stavo al Pigneto e che Maria, invece, pure.
Io e Maria avevamo preso due case separate, anche se stavamo assieme da un po’. La gente mi chiedeva Ma scusa, perché non avete preso casa assieme, risparmiavate ad avere una camera sola, un affitto in meno, vuoi mettere?
Anche i miei genitori mi avevano posto un’obiezione di questa natura ma i miei genitori, lo capite, loro sono di un’altra generazione, mica di queste di oggi girovaghe e indipendenti, queste generazioni di freelancer che pigliano e partono e che si prendono le camere nello stesso quartiere, o quasi, ma in case separate.
Era una questione di spazi, che noi praticamente siamo freelancer, realizziamo video, lavoriamo in coppia, stiamo spesso assieme, e vivere pure assieme era come essere sposati, e forse per essere sposati il tempo non era ancora maturo.
O forse sei tu che non sei maturo?, mi chiedevano i miei amici, con quell’arroganza di chi non capisce niente e crede di capire, che ai miei amici gli voglio un gran bene, però certe volte, guarda, lasciamo perdere. Era una questione di spazi, che poi mica l’avevo deciso solo io, l’aveva deciso anche Maria. All’inizio era una mia idea, va bene, ma l’avevo buttata lì, senza rifletterci troppo, e dopo poco lei era talmente convinta che quasi l’idea era diventata la sua, se ne era appropriata. Che quando poi mi disse che aveva intenzione di venire a Roma con me ma prendersi una casa a parte, io, pure se era una mia idea, io ci rimasi pure male. Ma a lei non lo diedi a vedere, le dissi Mi sembra una buona idea, però peccato che l’hai avuta tu, le dissi, che se l’avessi avuta io, questa buona idea, sarei stato più contento.

Il Pigneto si chiama Pigneto perché è una zona che sorge appena fuori l’antica cinta muraria di Roma che, da quel lato lì, finiva a Porta Maggiore. Oltre Porta Maggiore, la campagna, e in questa campagna c’erano un sacco di pini, e molti di questi pini ci sono tuttora. Se ci prestate particolare attenzione ci sono finanche delle lettere in comune tra pino e Pigneto, magari non sembra, ma tipo la P, prendiamo la P, per esempio, entrambe le parole cominciano con la P, proprio per la questione che fondamentalmente qui una volta era tutta campagna, ma non per modo di dire. Che da Pino Pineta, da Pineta Pigneto.
Gli abitanti del Pigneto, non tutti ma alcuni, sono proprio affezionati a questi pini, che però ogni tre per due arriva qualcheduno, un abitante, un imprenditore, un operaio del comune, e li sradica. Alcuni di questi abitanti dicono Già ne son rimasti pochi, di pini, dicono, Poi li sradicate pure, ma che maniere?, dicono gli abitanti, non tutti ma alcuni.
Gli storici abitanti del Pigneto, almeno alcuni di questi, lo hanno visto, il Pigneto, che cambiava da così a così. Era tutta campagna, oggi c’ha i localini, la gente, la metro, la droga. E uno storico abitante del Pigneto è comprensibile che difenda i pini, che sono alberi alti e accoglienti, sono alberi che esistono da quando qui era tutta campagna, difendere i pini è difendere le proprie radici, ci hai già la metafora servita, non serve altro.
Un giorno anche Maria, nel mentre che a piedi arrivava al Pigneto, cioè lei già viveva al Pigneto, più o meno, diciamo nel mentre che a piedi arrivava da me, sono venti minuti, passò per una piazzetta dove c’era un pino, alto e accogliente, che davanti aveva un cartello che avvisava Questo pino sta per essere tagliato. A lei, che è molto emotiva, a lei le sembrò un cartello bizzarro, un avviso che pareva una minaccia di morte, quasi. Che quello era il periodo dei video dell’Isis, c’era ansia, il mondo occidentale non la stava prendendo bene, ecco. Allora lei andò su internet, ci trovò un gruppo di abitanti del Pigneto, ci scrisse Qualcuno sa perché vogliono tagliare quel pino così alto, così accogliente, che c’è all’inizio del Pigneto? Le risposero che quel pino era in una proprietà privata e che avrebbe potuto danneggiare la casa, sicché i proprietari privati quel pino potevano decidere di tagliarlo, per sicurezza.
Però da cosa nasce cosa, e da quella cosa che Maria scrisse su internet, nacque che fu contattata da altri amici dei pini, abitanti del Pigneto, che le dissero Anche a noi piacciono i pini, vediamoci. Si videro.

Un giorno qui era tutta campagna, e un abitante storico del Pigneto una volta mi disse Lo capisci che era tutta campagna se guardi, ad esempio, Accattone, che è un film girato proprio qui, al Pigneto. Il bar di Accattone è un bar che ancora esiste, nel film era quasi una baracca, una stamberga, adesso è un locale di un certo rilievo, ci va la gente che ci ha le qualità, che ordina da bere e intanto pensa. Fuori al bar di Accattone c’è pure un murale, ce ne sono tanti di murale, ma ce n’è uno proprio fuori a quel bar che rappresenta Pasolini, molto bello devo dire, ammaliante, che quando vidi quel Pasolini così contemporaneo, così vero, dissi Non sembra mica una persona dell’Ottocento. Ma l’abitante storico del Pigneto non capì, la prese forse per una metafora, e menomale.
Perché io associavo Pasolini alla frase Pasolini non ripete, perché era questo musicista che faceva una sonata al violino e si diceva che poi se ci chiedevi il bis lui ti rispondeva Pasolini non ripete. Solo che poi avevo capito male, perché non era mica Pasolini, ma Paganini, che invece Pasolini ha fatto di tutto, il critico, il letterato, il poeta, il pittore, il regista cinematografico, ma il violinista, mi pare di aver capito, il violinista gli manca.
Così tornai da quell’abitante storico che mi fece vedere il murale, ci dissi Hai presente quando ti parlai del murale di Pasolini? No? Come no? Quando dissi che Pasolini era talmente contemporaneo, talmente vero, che non sembrava mica una persona dell’Ottocento? Non ti ricordi? Te lo dissi davanti al murale di Pasolini, quello fuori al bar di Accattone, che lo so, adesso lo so, che Accattone è proprio un film di Pasolini, invece l’altra volta vidi il murale, dissi Non sembra mica una persona dell’Ottocento, quel Pasolini. Ricordi? Non ricordi? No? Bè, insomma, stavo scherzando.
Che poi, se ci si presta particolare attenzione, ci si accorge subito che al Pigneto, oltre a tenerci ai pini, ci tengono a Pasolini. Ci sono proprio delle lettere in comune tra Pigneto e Pasolini, non sembra, ma tipo la P, prendiamo la P, per esempio, P di Pigneto, P di pini, P di Pier, di Paolo e Pasolini.